L’amato Vescovo dei Cuneesi era morto. Lo avevano ben conosciuto nella sua bontà e non sapevano darsi pace di doverlo perdere per sempre. 
Proprio allora avevano udito di una nuova scoperta della scienza ( nuova per i Cuneesi) che permetteva di conservare i corpi intatti. Si informarono alla Capitale ed ebbero l’indirizzo di un famoso imbalsamatore. 
I due incaricati partirono immediatamente per accordarsi col tecnico. Ebbero la brutta sorpresa di sentirsi chiedere un prezzo superiore alle possibilità delle finanze locali. 
Sconsolati presero la via del ritorno. Per strada si fermarono ad una osteria a mangiare un boccone. Quando fu loro servita la specialità del luogo, “pesci in carpione”, vollero sapere quale fosse l’ingrediente che conservava così bene i pesci.  Avendo  il padrone spiegato che era l’aceto e che egli stesso li preparava, mantenendoli intatti per lunghissimo tempo, pensarono immediatamente a trarne partito per il loro caso. Il giorno dopo, sulla loro relazione il Consiglio comunale deliberò di inviare all’oste il corpo del Vescovo: lui che sapeva conservarlo così bene, lo mettesse il carpione.