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Due pellegrini in cammino per Santiago |
Polvere, fango, sole e pioggia |
In queste poche righe, tratte da una scritta su un muro lungo il
"Camino", è il senso del nostro ciclo-pellegrinaggio alla tomba dell'apostolo
Giacomo (Sant Jago in galiziano). L'idea di questo viaggio era venuta a maturare negli
ultimi anni e si è concretizzata quest'inverno con l'incontro con un giovane storico
appartenente al "Centro Italiano di studi Compostellani" di Perugia che ci ha
dato alcuni libri sul significato e la storia di questo pellegrinaggio. Dopo un'estate
passata alla preparazione atletica e aver adempiuto quanto prescritto dal "Codex
Calixtinus" (testamento e benedizione della bicicletta) finalmente il 16 settembre
siamo partiti per il Passo di Roncisvalle (inizio del Camino in terra spagnola) ove
abbiamo provveduto a registrare la nostra "credencial", documento che attestava
lo stato di pellegrini, consentendoci di dormire negli "Albergue de peregrinos",
rustici ostelli gratuiti o con offerta di tre, quattro mila lire. In nove giorni di
bicicletta, con tappe da 80 a 130 chilometri, levataccie anche alle sei di mattina e gran
fatica (salite dure e continue, freddo, vento contrario e pioggia o caldo torrido) siamo
finalmente giunti a Santiago ove c'è stata consegnata la "Compostela"
attestante il nostro pellegrinaggio. Sin qui il racconto scarno del pellegrinaggio, ciò
che resta da comunicare (nel senso di donarvi) è l'emozione di vivere questo cammino di
ricerca spirituale con centinaia d'altri pellegrini provenienti da tutto il mondo.
L'incontrare questi viandanti lungo la strada, il sorridere e l'augurarsi "Buen
Camino"; il ricevere l'accoglienza disinteressata quando arrivavi all'ostello da chi
era arrivato prima di te. Il sorriso e la disponibilità degli spagnoli pronti ad aiutarti
prima ancora che tu chiedessi un'informazione, solo perché tu eri un "peregrino de
Santiago". La pasta alla carbonara cucinata, con una coppia di francesi ed un
ciclista olandese, con ciò che c'era stato offerto da una ragazza in un paesino privo di
negozi e ristoranti in cui cenare. La ragazza argentina che affrontava il camino a piedi
da sola, il giovane spagnolo delle Asturie in mountain bike che dopo averlo perso di vista
abbiamo ritrovato a Santiago. Il chirurgo di Bergamo che, partito da solo, si era
aggregato a tre ragazzi italiani conosciutisi durante il "Camino". Il negoziante
di Ponferrada che mentre uscivamo dal negozio ci seguiva per offrirci quattro pesche in
onore di Santiago. Per non dimenticare la coppia neozelandese per la prima volta in
Europa; e mille e mille altri visi, sorrisi, emozioni, abbracci. Cosa ci resterà di
quest'esperienza? Senz'altro la consapevolezza che si può vivere in fraternità, che non
esistono differenze di razza (anche se non ci si parla la stessa lingua ci si può
intendere alla meraviglia, basta volerlo) la gioia di aprirsi agli altri e perché no
l'emozione per la natura e lo scoprire che la gioia non è nel raggiungere la meta ma in
ciò che si è vissuto
in poche parole il "Camino" come parafrasi della
vita. Se qualcuno volesse provare questa nostra esperienza (in bici sono sufficienti due
settimane di ferie mentre a piedi bisogna avere almeno quaranta - cinquanta giorni) lo
invitiamo a contattarci, saremo ben lieti di poterlo aiutare anche perché, come ci ha
detto un giovane sacerdote lungo il "camino", chi ha fatto il pellegrinaggio a
Santiago rimane "peregrino" per tutta la vita. "ULTREYA ET SUSEYA" (vai avanti, vai oltre). |
FRANCO e MASSIMO |
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